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Strufoli
della Peppa.
La Peppa era mia zia, la sorella di mia nonna. Abbandonata dal suo grande amore, in giovane età, era rimasta zitella ma aveva un grande amore per i bambini. Ci raccoglieva in un buon numero e ci portava a passeggiare nei boschi per raccogliere fiori e frutti. Protettiva, attenta, il suo viso rugoso ed arcigno si distendeva solo con noi, diavoli scatenati. Al ritorno a casa trovavamo sempre una sorpresa per merenda. Qualche volta erano i suoi famosi strufoli. E' un dolce tipico del periodo di Carnevale ma noi bambini lo amavamo sempre. Ingredienti: 300 gr. di farina 3 uova 2 cucchiai di zucchero 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva 5 cucchiai scarsi di grappa un pochino di rhum un pochino di alcool 1 litro di olio per friggere miele limone grattugiato Disporre la farina a fontana e disporre al centro le uova, limone, zucchero, olio. Lungo tutta la circonferenza esterna versare attentamente grappa, rhum, alcool. Manipolare a lungo il composto fino ad ottenere una pasta omogenea, vellutata, elastica, lasciare riposare un'ora. Scaldare in una padella abbondante olio e, quando è quasi bollente, versarvi a cucchiai l'impasto, ben diviso l'uno dall'altro. Mantenere il fuoco a fiamma moderata di modo che l'olio non raggiunga mai la piena ebollizione. Gli strufoli gonfieranno lentamente ed andranno tolti allorchè avranno raggiunto un bel colore dorato. Scolarli bene e porli in una conca per versarvi sopra il miele fuso. Vanno serviti freddi. Buoni e costosi per l'epoca, per questo motivo certe ricette erano realizzate solo nelle grandi feste ed occasioni. IL PANE ( Descrizione con
i termini dialettali dell'epoca) Ogni venti giorni circa veniva fatto il pane. Per nonna Rosa il pane era sacro e perciò lo faceva quasi con devozione. E questo rispetto del pane era presente all'interno di tutta la famiglia contadina. Se cadeva una fetta od anche una mollica di pane dalla tavola era raccolto, veniva data una soffiatina per pulirlo, veniva baciato e veniva mangiato senza problemi. Questo sacro rispetto era dovuto alle tante fatiche che richiedeva ed alla necessità di avere quanto necessario per vivere perché il pane conteneva in sé ogni sostentamento materiale. Le donne stacciavano la farina per separare quella fina da quella un pò più grossa. Questo avveniva nella mattara, facendo scorrere la staccia sopra la cavalletta. La massaia la sera prendeva la farina con la miscula di legno, faceva 'na mucchia de farina ta la mattara, vi faceva una buca e vi metteva il lievito dopo averlo ammorbidito con l'acqua calda ed impastava ogni cosa. Nonna Rosa prendeva un po' di quella pasta e la copriva con la farina ed era il lievito per la prossima volta. Si toglieva poi l'anello della fede dal dito e con quello tracciava una croce sulla lievitazione e chiudeva la mattara. La mattina dopo s'intrideva, si facevano le file di pane e si mettevano sulla tavola del pane dopo averci sistemato un telo di canapa e si continuava la lievitazione. Sulle file del pane si facevano segni trasversali con il taglio della mano. Intanto veniva scaldato il forno che si trovava accanto alla casa. C'era davanti una tettoia molto comoda per ripararsi dalla pioggia. Il forno era caldo al punto giusto se i mattoni della volta assumevano una colorazione precisa ed allora la massaia cominciava ad infornare con la pala di legno. Nel giro di un'ora e mezza il pane era cotto ed era un piacere sentire la fragranza di quel pane appena sfornato. |
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